Zoe Pia solo

Launeddas, clarinetto, campanacci 

e pezzi di artigianato artistico della Sardegna

Paesaggi sonori e commistioni artistiche danno forma a una kermesse unica nel suo genere, con una panoramica a 360° sul jazz, le musiche improvvisate ad ampio raggio, i suoni etnici, le contaminazioni più stimolanti. Una rigenerante immersione tra suoni familiari e inusuali, artigianato e musica d’arte.

E’ questo il punto di partenza dove si incontrano le launeddas in veste completamente personale e dai timbri inesplorati grazie all’utilizzo dell’elettronica, il clarinetto con loopstation, campanacci sardi e pezzi di artigianato artistico di Maestrodascia (fenicottero Gente Arrubia) e Ariuceramiche (Sa Barrosa – rappresentazione di mia bisnonna).
Si dice che il fenicottero abbia ispirato il mito della fenice dalle ali fiammeggianti. L’antico simbolo della trasformazione e resurrezione, la fenice che alla fine della sua vita viene consumata dal fuoco e rinasce, poi, magicamente dalle sue ceneri. In Sardegna, nell’oristanese, i fenicotteri si chiamano Genti Arrubia. Davvero
vedendoli si pensa a una folla di persone. Sono alti circa un metro e mezzo, passeggiano con calma nell’acqua, emettono un suono come il chiacchiericcio continuo di una passeggiata domenicale. Anche nella nostra isola questi uccelli hanno dato origine ad alcune leggende. Una racconta che se un musicista ricavasse le sue launeddas dai femori di fenicottero, invece che da umili canne di palude, otterrebbe uno strumento fatato, dotato di immensi poteri. Per fortuna le launeddas sono prodotte solo con steli di canna e il loro unico potere magico è quello sonoro.
Inoltre presso gli Egizi era un animale sacro a Ra, Dio del Sole. È un uccello che invita alla riflessione, che trasmette un senso di elevazione e purezza e, nell’Induismo rappresenta un simbolo di transizione dalla vita alla morte, dalle tenebre alla luce. Il suo vivere in schiera e cacciare insieme ai suoi simili, esalta lo spirito di collaborazione ed aiuto reciproco.Le sorelle Ariu e Sa Barrosa sono l’altro elemento di Sardegna che colora il parco sonoro e rappresenta la comunità matriarcale tipica della nostra isola che scandisce e illustra la vita di paese, interpretandola in chiave ultramoderna ed essernziale in uttte le declinazioni familiari. A partire da mia bisnonna: Sa Barrosa.Nella performance in solo mi sono ritrovata catapultata in questa descrizione di Stephen King dello stato di ipnosi creativa: «Quella ipnotica è una condizione che si coltiva fino a quando si è capaci di accenderla e spegnerla a piacere…almeno quando le cose vanno bene. Quando cominci a lavorare la parte intuitiva della mente si disancora e sale a un’altezza di un paio di metri (anche tre nei giorni buoni). Arrivata lassù, se ne sta sospesa a irradiare messaggi di magia nera e immagini brillanti. Per il resto della giornata quella parte è impastoiata al macchinario della quotidianità e viene in larga misura dimenticata… sennonché in certe occasioni si libera da sola e ti fa scivolare in una trance imprevista. Allora la tua mente concepisce associazioni che non hanno niente a che vedere con il pensiero razionale e si illumina di immagini inaspettate. Per certi versi questo è l’aspetto più singolare del processo creativo. Le muse sono fantasmi e certe volte si presentano senza essere invitati.»

(Stephen King, Bag of bones, 1998, trad. it. Mucchio d’ossa, Sperling & Kupfer, 1999, VIII edizione Paperbacks, p. 359.)

Insulae lab Zoe Pia solo foto

Zoe Pia

Launeddas, clarinetto, campanacci, e pezzi di artigianato artistico della Sardegna

 

LUCA MANNUTZA

(Pianoforte)

 

Nato a Cagliari nel 1968, si è avvicinato alla musica giovanissimo, grazie al padre che a soli 4 anni gli ha impartito i primi insegnamenti pianistici. Iniziati a 6 anni gli studi classici, nel 1979 si iscrive al Conservatorio “G.P. da Palestrina” di Cagliari e qui a 18 anni si diploma con ottimi voti. Dopo anni di varie esperienze, anche con gruppi di rock progressivo e fusion, si avvicina al jazz nel 1990, assecondando una naturale predisposizione all’improvvisazione e alla creatività. L’intensità della sua attività musicale in questo campo inizia a crescere due anni più tardi, quando comincia a suonare con il sassofonista argentino Hector Costita e incontra il trombettista di New York Andy Gravish, con il quale tuttora collabora. Nel 1993 comincia anche ad esibirsi al fianco dei migliori jazzisti italiani, tra cui Paolo Fresu, Emanuele Cisi, Maurizio Giammarco, Bebo Ferra. Tra gli importanti riconoscimenti conseguiti nei concorsi di jazz cui ha partecipato all’inizio della sua carriera, si possono elencare il Premio ex aequo Ennio Porrino (1981), la menzione speciale della giuria al concorso Barga Jazz (2000), il primo premio nell’International Massimo Urbani Award (2002), il Premio del Pubblico nel Concorso Internazionale Tramplin Jazz di Avignone, Francia, come componente del quartetto del sassofonista Max Ionata (2002). Inoltre, nel 2002 a Parigi, si qualifica per la fase finale del concorso internazionale Martial Solal, la più prestigiosa fra le competition jazzistiche dedicate al pianoforte. Oltre ad esibirsi in piano solo, suona in duo con il sassofonista Max Ionata e in duo col batterista Lorenzo Tucci (Lunar duo),in trio con Luca Bulgarelli e Nicola Angelucci; inoltre co-dirige il quintetto Sound Advice insieme ad Andy Gravish, cui partecipano Marcello di Leonardo, Luca Bulgarelli e Max Ionata e guida un sestetto, Sound Six, con Max Ionata,Andy Gravish,Paolo Recchia,Andrea Nunzi e Renato Gattone. Dal 2002 fa parte di tanti importanti progetti del batterista Roberto Gatto, con cui si è esibito in numerosi concerti a livello internazionale, realizzando registrazioni per diversi album. Dal 2002 collabora a tutt’oggi stabilmente con Fabrizio Bosso, in qualità di organista e di pianista, e fa parte degli High Five, il gruppo più rappresentativo del successo del jazz italiano nel mondo, campione di vendite con l’album Five for Fun (Blue Note/EMI Italia 2007) e Handful of Soul (Schema 2006) insieme a Mario Biondi. Di rilievo è anche la collaborazione con il trombettista statunitense Jeremy Pelt. Luca Mannutza affianca la sua intensa attività live con quella di arrangiatore per vari artisti e progetti discografici, quali Mario Biondi, Rosalia de Souza, Filippo Tirincanti,Lorenzo Tucci. Luca Mannutza ha suonato nei più importanti jazz club italiani (Torrione Jazz Club, Panic Jazz Club, Cantina Bentivoglio, Alexanderplatz, Blue Note Milano, Pinocchio Jazz Club e molti altri) e nel mondo (Blue Note Tokio, Blue Note Osaka, Sunset e Sunside Parigi, Bimhuis Amsterdam, Pizza Express Londra, Smoke New York, Fat Cat New York) ed ha partecipato a numerose manifestazioni e festival ospite di prestigiose istituzioni come la Casa del Jazz (Roma), Umbria Jazz, Villacelimontana jazz, Moncalieri Jazz, Pescara Jazz Festival, Ancona Jazz Summer Festival, Roma Jazz Festival, Forma e Poesia nel Jazz (Cagliari), Bologna Jazz Festival, Padova Jazz Festival, Grey Cat Festival, Odio l’estate Festival, Vicenza Jazz, Festival Crossroads e molti altri in Italia e nel mondo (Jazz italiano a New York,Shangai 2010, Jakarta Jazz Festival,Dubai Jazz Festival,Parc Floral Parigi,Jazz Italiano a Pechino). Ha suonato con i piu’ importanti jazzisti italiani e stranieri ( Rava, Fresu, Bosso, Boltro, Tamburini, Amato, Scannapieco, Cisi, Giammarco, Bonisolo, Giuliani, DiBattista, Gatto, Sferra, Bonaccorso, B.Casini, Ferra, J.Pelt, J.Frahm, S.Grossman, J.D.Allen, G.Cleaver, D.Burno,B.Hart, C.Cheek, A.Pinciotty, E.Zigmund ) e molti altri. Molti giornali e le maggiori riviste specializzate (Jazzit, Musica Jazz,Swing Journal,Jazz Magazine,All About Jazz) hanno recensito i suoi lavori discografici sottolineandone la bravura.